Qualche giorno fa mi sono arrabbiata moltissimo con Simone. Non mi ricordo in che contesto ha definito se stesso con il suo ruolo professionale e ha definito me come una mamma.
Se tu sei un papà, io sono una mamma. Ma se tu sei un commerciale perché io sono sempre una mamma? E soprattutto, in questo gioco di ruoli, lo sono anche per il resto del mondo e soprattutto per me stessa?
La risposta senza creare suspense è ovviamente NO.
Allora mi è venuta voglia di chiarire chi sono.
Mi chiamo Vittoria, sono nata il 15/05/1989 e sono laureata in organizzazione e marketing. Lavoro orgogliosamente da sempre perché do molto valore ai soldi e alla mia indipendenza. Quando ancora non mi bastavano le mani per dire la mia età pregavo i miei genitori di farmi fare volantinaggio o gli shampoo dal parrucchiere sotto casa. Poi appena sono stata in grado di prendere i mezzi pubblici da sola ho lavorato in gelateria l’estate per poter fare i primi regali con i miei soldi. Ho poi fatto la cameriera, la barman, la commessa, i primi colloqui veri.
Il mio primo contratto in Red Bull nel 2009, incastrando gli orari delle lezioni all’università con i pomeriggi in una Mini a far conoscere la bevanda che ancora oggi ti mette le aaali. Ho aperto così tante lattine di Red Bull che ancora oggi posso riconoscerla solo dal rumore dell’apertura. Poi ho avuto un ruolo di coordinamento delle mie colleghe, ho vinto una borsa di studio universitaria per fare uno stage nel marketing di TAP Portugal, la compagnia aerea portoghese. Mi sono laureata con una tesi sperimentale sulle nuove tecnologie che mi è costata mesi di lavoro.
Il mio talento gestionale e organizzativo mi ha portata nel mondo delle piccole imprese. Ho lavorato contemporaneamente in due aziende: una nascente e una il declino, capeggiate da un gruppo variegato di socie, tra cui mia madre.
Mi sono occupata di tutto, sapevo sporcarmi le mani come ogni persona che lavora nel marketing. Ho lavorato in squadra, ho riorganizzato i processi, ho superato audit, ho dovuto licenziare, ho fatto entrare una piccola azienda nella GDO, ho coperto i turni in ogni mansione perché solo così potevo occuparmi davvero della gestione. Mi sono ritrovata in un tavolo riunioni a fianco a mia madre a rappresentare la nostra piccola azienda in una grande, grandissima azienda che ci ha permesso la risalita.
Nel frattempo ho sempre letto, osservato, imparato cose nuove. Ho studiato le basi del web design e con Simone ho aperto questo blog, ho poi creato un sito professionale e ne sto avviando un altro. Scrivo, fotografo, monto video, cucino, arredo, organizzo, ho sempre una nuova idea.
Direi che dopo questo “pippone” lo capisco che è più veloce dire che sono una mamma, che Simone riconosce il mio talento e supporta tutta la mia voracità creativa ma mi non mi piace lo stesso.
Perché a volte sono caduta anche io nel tranello di non sentirmi altro che una mamma. Complice un lavoro che non si può spiegare con una sola parola riconosciuta da tutti come che ne so, l’architetto. Ma è ovvio che c’è un retaggio sociale e culturale intorno al ruolo sacro della mamma.
Come rispondete quando vi chiedono di cosa vi occupate? Sono l’unica a cui i ruoli stanno stretti? Se siete genitori, cosa siete oltre ad essere mamme e papà? Scrivetemi!
Non sono ovviamente nessuna di queste donne, ho adorato queste grafiche e vi rimando al link dove le ho trovate.